Sono passati undici giorni dai
58esimi Grammy Awards, i premi che vengono assegnati nel mondo della musica.
Non sono interessato a commentare le categorie commerciali, se non quella riguardante
la musica elettronica – Dance/Electronic per farmi capire – e i remix.
Per la categoria Best Dance
Recording ha vinto la canzone “Where
Are Ü Now” dei Jack Ü (aka Diplo e Skrillex) e cantata da un Justin
Bieber che ho abbastanza rivalutato dopo quest’ultimo anno. Diciamo subito che
Diplo è stato il personaggio dell’anno all’interno del panorama elettronico
mondiale, grazie alle sue varie produzioni e a progetti quali Major Lazer (con Jillionaire
and Walshy Fire) e a quella già nominato con Skrillex, oltre alla propria
carriera solista. Sono un po’ contrariato alla vittoria di questa canzone,
anche perché molte altre meritavano la statuetta. Se guardiamo i nominati, i
più meritevoli sono i The Chemical Brothers e la loro “Go”, singolo del loro
ultimo e acclamato album; Flying Lotus è un altro individuo che poteva
facilmente vincere con “Never Catch Me”, cantata da quel mostro di Kendrick
Lamar (ah, ha vinto cinque premi, sapete?). Assenze pesanti, come la canzone
che avrei dato favorita: “Lean On”, praticamente ascoltata fino allo sfinimento
da tutti e vera hit dell’anno. Diplo è contento lo stesso, ma se fosse per il
sottoscritto sarei stato ben più felice con un singolo più valido. Jamie xx
assente [Loud Places o I Know There’s Gonna Be (Good Times) facilmente nominabili],
così come Madeon (Pay No Mind) e altri nomi che non stiamo qui a dire.
Per il miglior album tantissimi
dubbi. Ok, i Jack Ü hanno sfornato un ottimo lavoro, ma a livelli lontanissimi
da “Born in The Echoes” dei fratelli chimici o “In Colour” di Jamie xx, con
quest’ultimo il mio favorito alla vittoria. “Our Love” di Caribou è un
grandissimo LP, ma non il migliore, mentre i Disclosure hanno deluso un po’ le
aspettative con “Caracal”. Anche qui grandi assenze, come George FitzGerald e “Fading
Love”.
Dura parlare per il Best Remix.
Sicuramente nessuno dei cinque meritava una statuetta (anche se avrei tifato
per il buon Kaskade), ma dove è finito il remix di Four Tet di “Opus” di Eric
Prydz? O quello di Jon Hopkins di “Magnets” dei Disclosure? Ce ne sarebbero
tanti che si potrebbero nominare, ma bastano queste due per confermare che i
Grammy non sono merocratici.